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Tutela penale dell’ambiente: la nuova Direttiva europea rafforza gli strumenti di lotta contro la criminalità ambientale ed incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri 

Il 20 maggio scorso è entrata in vigore la Direttiva (UE) 2024/1203 sulla tutela penale dell’ambiente, che fissa norme minime a livello europeo sulla definizione dei reati ambientali e delle sanzioni, operando, altresì, l’abrogazione delle precedenti Direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE.

Uno scopo risalente nel tempo

L’impegno dell’Unione europea a garantire un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente era già contenuto sia nel Trattato sull’Unione europea (TUE) che nel Trattato sul suo funzionamento (TFUE). Con la Direttiva di recente emanazione esso assume un’importanza ancora più cogente, dal momento che il numero di condotte che costituiranno reato passerà da nove a venti ed anche a livello sanzionatorio è previsto un inasprimento delle pene detentive, oltre all’applicabilità di rilevanti sanzioni pecuniarie.

Del resto, come si evince già dal Considerando n. 2, l’Unione prende espressamente atto del fatto che “la criminalità ambientale incide anche sui diritti fondamentali” e, pertanto, la lotta contro la stessa “è cruciale per garantire la tutela di tali diritti”.

La specialità tecnica del diritto penale ambientale

Prima di addentrarci nel merito della Direttiva in commento, mi sembra opportuno fare un cenno al riconoscimento che, al suo interno, viene fatto alla complessità ed ampiezza che caratterizza la disciplina penalistica ambientale e, in particolare, la natura altamente tecnica dei reati ambientali, i quali richiedono un approccio multidisciplinare e pongono sfide per le quali “sono necessari un livello elevato di conoscenze giuridiche e competenze tecniche, sostegno finanziario, formazione e specializzazione all’interno di tutte le autorità competenti”. 

Con tale espressa consapevolezza, viene previsto, nel Considerando n. 61, che gli Stati membri dovrebbero prevedere una formazione adeguata per chi è preposto ad accertare, indagare, perseguire o giudicare i reati ambientali e “dovrebbero anche considerare l’opportunità di assegnare al trattamento delle cause in materia ambientale unità investigative, pubblici ministeri e giudici specializzati”.

I nuovi reati ambientali e la determinazione dei c.d. “reati qualificati”  

Venendo, adesso, agli articoli che compongono la Direttiva, occorre preliminarmente dire che essa si pone gli espressi obiettivi di fornire definizioni comuni dei reati ambientali e la disponibilità di sanzioni penali che siano effettive, dissuasive e proporzionate agli illeciti commessi.

Come si anticipava, è stato implementato il numero dei nuovi reati ambientali, prevedendo, quali nuove fattispecie, tra le altre, il traffico di legname, il riciclaggio illegale di componenti inquinanti di navi e lo scarico di sostanze inquinanti dalle stesse effettuato, l’uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione di uno o più esemplari di determinate specie animali e vegetali selvatiche, le violazioni gravi della legislazione in materia di sostanze chimiche. 

Gli Stati membri devono assicurare che tali condotte configurino reato se illecite e “poste in essere quanto meno con grave negligenza”. Viene qui introdotta una precisazione che si connota, a mio avviso, come un po’ contraddittoria con lo spirito che caratterizza l’intera Direttiva, posto che anche una negligenza non grave dovrebbe comportare l’applicazione quanto meno di una sanzione pecuniaria adeguata, se il fine è quello di approntare una tutela dell’ambiente che sia quanto più efficace possibile.

Viene, poi, introdotta una clausola relativa ai c.d. “reati qualificati” che si applica quando uno dei reati di cui alla Direttiva è commesso intenzionalmente e provoca la distruzione (o danni rilevanti e irreversibili) di un ecosistema o habitat, oppure danni diffusi o duraturi alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque.

Effettività della tutela penale dell’ambiente: le sanzioni

Per quanto concerne le sanzioni, i reati dolosi, se provocano il decesso di una persona, devono essere puniti con una pena detentiva massima pari ad almeno dieci anni (gli Stati membri possono, ovviamente, decidere di prevedere sanzioni ancora più severe nella loro legislazione nazionale). Altri reati comporteranno, invece, la reclusione fino a tre o cinque anni. La pena detentiva massima per i reati c.d. “qualificati” deve essere di almeno otto anni. 

Molto interessante quanto previsto all’art. 5, comma 3, nel quale si prevede che gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone fisiche che hanno commesso i reati di cui sopra siano sottoposte a sanzioni o misure accessorie che possono comprendere l’obbligo di ripristinare l’ambiente o risarcire il danno allo stesso (quando questo è irreversibile), l’esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici (comprese procedure di gara, sovvenzioni, concessioni e licenze), il ritiro dei permessi e delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività che ha portato al pertinente reato o, ancora, molto opportunamente, divieti temporanei di candidarsi a cariche pubbliche.

Per le persone giuridiche che commettono i reati previsti vengono stabilite cospicue sanzioni pecuniarie che ammontano ad almeno il 5% del fatturato mondiale totale per i reati più gravi o, in alternativa, a 40 milioni di euro. Per tutti gli altri reati, la sanzione pecuniaria massima sarà pari ad almeno il 3% del fatturato o, in alternativa, a 24 milioni di euro.

Reato ambientale circostanziato. Le aggravanti

Un cenno meritano alcune delle circostanze che gli Stati membri devono prevedere come aggravanti. 

Nello specifico, quando il reato è stato commesso “nel contesto di un’organizzazione criminale” (emerge, qui, prepotentemente, la consapevolezza di quanto i reati ambientali siano inseriti sempre più spesso in contesti criminali, al punto che si parla, già da tempo, di ecomafia), quando il reato è stato commesso “da un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni” o, ancora, quando l’autore del reato “ha distrutto prove o minacciato i testimoni o i denuncianti”.    

Reato ambientale circostanziato. Le attenuanti

Importante è anche la previsione delle circostanze attenuanti volte, sostanzialmente, ad agevolare il ripristino dell’ambiente, porre rimedio o ridurre al minimo l’impatto del danno ambientale, aiutare le autorità amministrative e/o giudiziarie nelle indagini e nel perseguimento degli autori dei reati.

La tutela penale dell’ambiente passa anche (e, forse, soprattutto) dalla prevenzione dei reati e dall’implementazione di strumenti che rendano conveniente il rispetto delle norme. 

Alcune disposizioni a tutela delle indagini e dell’effettività dell’azione penale

Concludo questo mio commento, che non può certamente avere una pretesa di completa esaustività e che si limita, invece, semplicemente, a segnalare gli aspetti che mi sono sembrati più interessanti, con una menzione agli articoli 13, 14 e 15, i quali impongono agli Stati di mettere a disposizione strumenti investigativi efficaci e proporzionati per le indagini o l’azione penale “come quelli utilizzati per contrastare la criminalità organizzata” (torna qui la consapevolezza cui accennavo prima), di adottare le misure necessarie per garantire “protezione” alle persone che segnalano reati ambientali o che prestano assistenza nelle relative indagini e, ancora, provvedere a che le persone colpite (o suscettibili di essere colpite) dai previsti reati ambientali dispongano di “adeguati diritti procedurali nei procedimenti riguardanti tali reati”.

L’impegno determinante degli Stati membri nell’attuazione della Direttiva

Gli Stati membri dispongono adesso di due anni per adeguare le norme nazionali alla Direttiva (21 maggio 2026).

Ci si augura che l’Italia mostri la dovuta sensibilità al tema della tutela penale dell’ambiente, senza dare una ulteriore prova di inerzia legislativa, dal momento che, anche nel nostro Paese, l’aumento dei reati ambientali e dei loro drammatici effetti desta sempre più preoccupazione, rappresentando una minaccia che si riverbera sulla stessa esistenza in vita del genere umano e che, dunque, esige una risposta che sia quanto più adeguata ed incisiva. 

Avv. Salvatore Nanè