Le ordinanze contingibili e urgenti costituiscono strumenti apprestati dall’ordinamento per fronteggiare situazioni impreviste e di carattere eccezionale, per le quali sia impossibile o inefficace l’impiego dei rimedi ordinari, e si presentano quindi quali mezzi di carattere residuale, espressione di norme di chiusura del sistema, i cui tratti distintivi sono costituiti dalla atipicità, dalla valenza derogatoria rispetto agli strumenti ordinari, dalla particolare qualificazione sia della minaccia, sia del pericolo; tutti presupposti che, con riferimento all’installazione o l’adeguamento tecnologico di impianti di telefonia mobile, non sussistono, dal momento che la materia è compiutamente disciplinata dal D.Lgs. n.259/2003, il quale demanda alle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) le valutazioni di tipo radioprotezionistico per l’accertamento dell’osservanza dei “valori soglia” definiti, a tutela della salute collettiva, dalla L.36/01 e dal DPCM 08.07.2003
Non sussistono i presupposti di eccezionalità e imprevedibilità tipici dello strumento delle ordinanze sindacali con riferimento all’installazione o adeguamento tecnologico di impianti di telefonia mobile. Sono queste le conclusioni rassegnate dal Tribunale Amministrativo Regionale Veneto Sezione III, che con sentenza del 22 dicembre 2020, n. 1307, ha annullato l’ordinanza sindacale con cui il Sindaco del Comune di Zevio (VR) aveva da un lato vietato l’installazione della tecnologia 5G sul territorio comunale e dall’altro sospeso tutti i procedimenti relativi all’attivazione degli impianti.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso la compagnia telefonica, sostenendo: 1) la violazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs n. 267/2001 stante l’insussistenza dei presupposti per l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti, e la violazione dell’art. 4, comma 1, lett. a) della L. n. 36/2001 che riserva alla Stato la determinazione dei limiti di esposizione secondo il principio di precauzione; 2) l’illegittimità dell’ordinanza impugnata in quanto ancorata, quanto al termine finale, ad eventi incerti nell’an e nel quando e la violazione delle finalità sottese agli artt. 86 e 87 del D.Lgs n. 259/2003 (Codice delle Telecomunicazioni).
Risulta interessante il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale, la quale ha ritenuto che essendo le ordinanze contingibili e urgenti provvedimenti assunti per fare fronte a situazioni di urgente necessità, concreta ed attuale, che non potrebbero essere affrontate e risolte diversamente ed attraverso strumenti ordinari, tali provvedimenti costituiscono strumenti atipici in quanto la legge fissa i soli presupposti per l’esercizio del potere senza disciplinarne il contenuto. Ciò in quanto le situazioni di urgenza concretamente verificabili non sono prevedibili a priori e, quindi, non è possibile prevedere il contenuto che l’ordinanza dovrà avere per fronteggiare la situazione di urgenza.
La Corte pertanto ha precisato che, trattandosi di manifestazione di un potere residuale e atipico, l’esercizio legittimo alle ordinanze contingibili e urgenti è condizionato dall’esistenza dei presupposti tassativi di pericolo per l’igiene, la sanità o l’incolumità pubblica, pericolo che deve essere inoltre dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile un intervento quanto più immediato e non di certo dilazionabile.
Preme inoltre evidenziare che i Giudici Amministrativi hanno ritenuto il Sindaco privo di un potere di valutazione sui rischi derivanti dall’utilizzo di tali tecnologie, in quanto la particolare qualificazione della minaccia e del pericolo sono «tutti presupposti che, nel caso di specie, non sussistono, dal momento che la materia è compiutamente disciplinata dal D.Lgs. n.259/2003, il quale demanda alle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) le valutazioni di tipo radioprotezionistico per l’accertamento dell’osservanza dei “valori soglia” definiti, a tutela della salute collettiva, dalla L.36/01 e dal DPCM 08.07.2003».
Infine la Corte fa presente che tale approdo risulterebbe confermato dal tenore letterale dell’art. 38, comma 6, Decreto Legge 16 luglio 2020 n. 76, norma che stabilisce espressamente che “i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4”.
La disposizione normativa sopra citata, pertanto sancisce l’illegittimità di un divieto generalizzato alla installazione di impianti del genere.
Si consolida quindi, sempre di più, l’orientamento giurisprudenziale che aveva ritenuto illegittimi i divieti generalizzati di installazione del 5G sul territorio comunale (cfr. TAR Catania, 22/05/2020 n. 1126; 7/07/2020 n. 1641; ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 11 luglio 2020, n. 4474; id., sez. V, 12 giugno 2017, n. 2799; id., 21 febbraio 2017, n. 774; Tar Campania, Napoli, sez. V, 1 giugno 2020, n. 2087; id., 12 maggio 2020, n. 1722; TAR Lazio, Roma, sez. III, 16 ottobre 2019, n. 11989; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 24 luglio 2020, n. 3324; esprime concetti del tutto analoghi anche TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 23 ottobre 2020, n. 1670).
Dott.ssa Tiziana Bandini
Sede Milano
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