E’ stato recentemente avviato da ISPRA – SISTEMA AGENZIALE NAZIONALE, ENEA, UNIVERSITA’ DI ROMA TOR VERGATA il progetto di ricerca e sperimentazione su campo BARGAIN, per la gestione ecologicamente orientata delle masse di posidonia spiaggiate sui lidi italiani, a valere su un progetto finanziato dalla Regione Lazio.
Come esposto sul sito di ISPRA, https://www.isprambiente.gov.it/it/progetti/cartella-progetti-in-corso/acque-interne-e-marino-costiere-1/bargain , il progetto BARGAIN si propone di coniugare le esigenze di fruizione delle spiagge con la salvaguardia degli ecosistemi costieri in un modello pilota di SPIAGGIA ECOLOGICA, esportabile su scala nazionale e auspicabilmente internazionale.
Questa modalità di gestione della Posidonia spiaggiata ne evita il conferimento in discarica e, solo nei casi in cui non è possibile mantenerla in loco, ne promuove il riuso coerentemente con i principi dell’economia circolare e nel rispetto degli ecosistemi costieri.
Nell’esperienza comune, lo spiaggiamento della Posidonia sugli arenili è sì un processo naturale ma i bagnanti la considerano spesso un rifiuto maleodorante invece di una componente naturale del litorale, ignorandone le importanti funzioni ecologiche
Difatti la Posidonia oceanica, come spiega la dott.ssa Irene di Girolamo del MATTM, è una pianta adattata alla vita sottomarina endemica del Mar Mediterraneo, di cui rappresenta un elemento chiave per la conservazione. Essa forma delle praterie sottomarine che hanno una notevole rilevanza per l’ecosistema marino costiero e per questo Posidonia oceanica è specie protetta dalle Convenzioni internazionali. L’esigenza di tutela di Posidonia oceanica nasce dal fatto che le praterie, oltre ad ospitare comunità ricchissime di specie e quindi garantire una elevata biodiversità, producono rilevanti servizi ecosistemici, come l’assorbimento di anidride carbonica e la sua fissazione come carbonio organico nei tessuti della pianta, la produzione di ossigeno), la stabilizzazione dei fondali attraverso l’intrappolamento dei sedimenti con le radici ed i fusti striscianti. Il denso strato fogliare di Posidonia garantisce poi lo smorzamento dell’energia cinetica delle onde durante le mareggiate, a protezione dei litorali e a contrasto dell’erosione costiera. Per non parlare del fatto che la Posidonia può ben essere utilizzata quale materia prima nella produzione di manufatti ecosostenibili quali elementi di ingegneria paesistica, biocemento, ammendanti naturali. Essa rappresenta quindi nel contempo una risorsa da tutelare, un indicatore di qualità ambientale ma anche un possibile rifiuto da smaltire.
Rinviamo all’interessante video di un recente incontro istituzionale sul tema, rinvenibile al link https://www.youtube.com/watch?v=ByhDD-XL8nU&feature=youtu.be .
LA GESTIONE DELLA POSIDONIA E LA NORMATIVA APPLICABILE
La gestione della Posidonia spiaggiate che forma in Italia ma anche in Francia ed in altri litorali, l’accumulo della cosiddette Banquette – formate dalle foglie combinate con la sabbia che possono raggiungere anche i 2 metri di altezza e svilupparsi per centinaia di metri motivo per cui tali strutture svolgono come detto un ruolo importante nella protezione meccanica delle spiagge – pone significativi temi di qualificazione di detto materiale, naturale ma spesso contenente residui antropici, e quindi di regolazione giudica nella gestione.
La gestione delle masse di Posidonia sulle coste è infatti regolata oggi da un insieme di norme poco coerenti tra loro, interne ed internazionali, e da alcune linee di indirizzo date dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare di recente rinnovate.
Trattasi dell’insieme della Direttiva 92/43/CEE “Direttiva Habitat” recepita in Italia con DPR 357/97 357 classifica le praterie di Posidonia oceanica come Habitat prioritario, il “Protocollo per le aree specialmente protette e la biodiversità del mediterraneo (ASPIM)” sottoscritto nell’ambito della “Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento” (Convenzione di Barcellona 1995), recepiti in Italia con la Legge 175/1999, prevede la salvaguardia delle praterie di Posidonia, la Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE (WFD, Water Framework Directive) recepita dall’Italia con il D.Lgs n. 152/2006, parte III la Direttiva Quadro Sulla Strategia Per L’ambiente Marino 2008/56/CE (MSFD, Marine Strategy Framework Directive), recepita dall’Italia con il D.Lgs. 190/2010 e i derivati DD.MM.
E, in particolare, si applicano oggi le norme di cui al D.Lgs n. 152/2006 – TUA – contenute nell’art. 183 quanto alla definizione di rifiuto, della gestione, sulla natura di rifiuti urbani di quelli presenti su spiagge, ma anche e soprattutto l’art. 39, comma 11, del D.Lgs. 205/2010 il quale tra le norme finali stabilisce che, fatta salva la disciplina in materia di protezione dell’ambiente marino e le disposizioni in tema di sottoprodotto, laddove sussistano univoci elementi che facciano ritenere la loro presenza sulla battigia direttamente dipendente da mareggiate o altre cause comunque naturali, è consentito l’interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate, purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento.
A cui si aggiunge il D. Lgs n. 75/2010 – Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, che a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88 prevede che sono ammesse alghe e piante marine, come la Posidonia spiaggiata, previa separazione della frazione organica dalla eventuale presenza di sabbia, tra le matrici che compongono gli scarti compostabili, in proporzioni non superiori al 20% della miscela iniziale.
Infine, nel 2006 il MATTM, ebbe ad emanare una prima Circolare n. 8123/2006 “Gestione della Posidonia spiaggiata” in cui venivano identificate tre tipologie di intervento, che rappresentavano “soluzioni flessibili legate di volta in volta alla specificità dei luoghi e delle situazioni sociali ed economiche”: mantenimento in loco degli accumuli, spostamento degli accumuli e rimozione permanente con trasferimento in discarica; nel 2019, alla luce delle criticità sulla tematica sempre più forti a livello territoriale, è stata diramata una seconda Circolare, la n. 8838 del 20/5/2019. In questo caso, anche alla luce della normativa intervenuta, oltre a fornire indicazioni aggiuntive sulle prime due tipologie (mantenimento in loco o spostamento degli accumuli), aggiungeva ulteriori misure gestionali degli accumuli di biomasse vegetali spiaggiate quali l’interramento in sito, la valorizzazione quale produzione di ammendante, lo smaltimento in discarica, la re immissione in ambiente marino seppure come rifiuto.
PROSPETTIVE E QUESTIONI ANCORA APERTE
Il tema giuridico è oggi ancora aperto ed irrisolto, e comporta problemi rilevanti di gestione e di possibili responsabilità da parte degli operatori, ed è enucleabile nel seguente quesito: la Posidonia oceanica è effettivamente qualificabile come rifiuti ai sensi dell’art. 183 del TUA ? O quantomeno solo se essa viene indirizzata verso attività di smaltimento o recupero ? Ma sino a quando essa viene soltanto gestita all’interno di cicli naturali ovvero utilizzata è un rifiuto ovvero una materia naturale all’interno di cicli biologici?
E’ auspicabile quindi che il Legislatore, nel portare a compimento un processo concettuale già iniziato con il citato articolo 39, comma 11 , del D.Lgs 205/2010, chiarisca che la Posidonia naturalmente spiaggiata non costituisce un rifiuto se trattata in loco quale massa naturale reimmessa nell’habitat, al pari del fogliame e dei rami cedui, ovvero materia prima naturale se utilizzata fini produttivi, mantenendo la disciplina della Parte Quarta del TUA solo a quelle modalità di gestione, che integrando appunto la volontà o l’obbligo di disfarsi ex art. 183, comma 1, lettera a), la indirizzino verso modalità di recupero ovvero smaltimento.