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Il Piano di zonizzazione acustica: tra scelte discrezionali e rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza

Il TAR Lombardia sez. Brescia, con la sentenza n. 155/2020,  ha affrontato i profili giuridici e tecnici del   piano di zonizzazione acustica comunale evidenziando la necessità che sia sempre sorretto dai necessari requisiti di   ragionevolezza e proporzionalità che devono legittimare l’azione amministrativa.

Nel caso di specie, i Giudici amministrativi sono stati investiti della richiesta di annullamento della delibera del Consiglio Comunale di approvazione definitiva del Piano di governo del territorio e dell’allegata zonizzazione acustica e in particolare nelle parte in cui veniva inserita l’area di proprietà della società ricorrente e quella latistante, entrambe occupate esclusivamente da industrie, tra quelle appartenenti alla “Classe IV- Aree di intensa attività umana” previste dalla tabella A allegata al D.P.C.M. 14 novembre 1997 cui corrispondono limiti di emissioni sonore (60 dB diurni e 50 dB notturni) incompatibili con la prosecuzione dell’attività industriale.

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Zonizzazione acustica – la legge quadro e la legge regionale

Il giudice amministrativo ha preliminarmente evidenziato  come  l’inquinamento  acustico sia una materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, ed è  regolato dalla legge quadro (legge n. 447 del 26 ottobre 1995) e dalle normative attuative regionali.

In particolare l’articolo 4 della legge n. 447/1995 stabilisce i principi fondamentali, prevedendo che le regioni, con legge, definiscano “i criteri in base ai quali i comuni, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a) , tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio ed indicando altresì aree da destinarsi a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero mobile, ovvero all’aperto procedono alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposizioni per l’applicazione dei valori di qualità di cui all’articolo 2, comma 1, lettera h) , (…)”, mentre la definizione delle sei classi acustiche, nonché dei valori limite di immissioni e emissioni ad esse associati, sono stabiliti dal d.P.C.M. 14 novembre 1997, recante “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore“.

Il Tar, nel richiamare il quadro normativo di riferimento, prende in considerazione anche la normativa regionale della Lombardia n. 13 del  10 agosto 2001, che, all’articolo 2, comma 3, demanda alla Giunta regionale la definizione dei criteri tecnici di dettaglio per la redazione della classificazione acustica del territorio comunale

La discrezionalità tecnica

I Giudici, nell’analizzare il procedimento amministrativo seguito dal Comune resistente, hanno precisato come  “l’attività demandata all’amministrazione comunale per la classificazione acustica del proprio territorio si connota in termini ampiamente discrezionali, sia quanto alla delimitazione delle singole zone, sia quanto alla loro classificazione, specialmente in relazione all’individuazione delle classi intermedie; la zonizzazione acustica costituisce, infatti, esercizio di un vero e proprio potere pianificatorio discrezionale, avente lo scopo di migliorare, ove possibile, l’esistente, ma tenendo conto della pianificazione urbanistica, al fine di non sacrificare le consolidate aspettative di coloro che sono legittimamente insediati nel territorio;

I principi di proporzionalità e ragionevolezza

In materia di zonizzazione, le scelte della PA  sono espressione di discrezionalità tecnica, ancorata all’accertamento di specifici presupposti di fatto, il primo dei quali è il preuso del territorio; tuttavia il  potere discrezionale  non può essere esercitato secondo in violazione dei i principi di proporzionalità e ragionevolezza, i quali impongono alla P.A. di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato tenendo conto delle posizioni di interesse dei privati coinvolti (T.A.R. Milano, sez. III, 27 marzo 2018, n. 829; T.A.R. L’Aquila, sez. I, 10 luglio 2014, n. 597; T.A.R. Firenze, sez. II , 11 dicembre 2010, n. 6724; T.A.R. Venezia, sez. III, 24 gennaio 2007, n. 187). (T.A.R. Piemonte, sez. II, 20 agosto 2019, n. 956; conforme T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 2 aprile 2015, n. 477).

Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato una zona esclusivamente interessata da attività industriali e artigianali non può essere legittimamente inserita non solo in area IV, come nel caso di specie, ma nemmeno in area V in quanto ciò disattende “acriticamente le caratteristiche morfologiche dell’area interessata, quali consolidatesi nel tempo, mortificando l’affidamento di quanti abbiano legittimamente confidato in una tutela corrispondente a quell’assetto del territorio, laddove assoggetta quella zona a limiti di emissione acustica minori, pregiudicando le esigenze dei soggetti che operano nel settore industriale ove lo stesso legislatore ha consentito più elevati livelli di rumorosità in considerazione delle esigenze scaturenti dalla natura dell’attività svolta” (T.R.G.A., Trento, I, 24 ottobre 2008, n. 271; id. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 5 luglio 2011, n.1781).

Il Tar Lombardia evidenza infine come  “un’opzione tendente ad un innalzamento dei valori di qualità del rumore rispetto alla situazione preesistente – in coerenza con le finalità della normativa di settore – deve pur sempre tenere conto della necessità di bilanciare l’interesse alla tutela dell’ambiente con quello alla tutela delle attività (produttive e non) legittimamente esistenti sul territorio comunale. In quest’ottica, la zonizzazione acustica non può non tenere conto – ancora una volta – dell’attuale destinazione d’uso delle varie porzioni di territorio e incentrarsi, al contrario, esclusivamente su quella che si prevede o si auspica le stesse possano avere nel prossimo futuro” (TAR Piemonte, Sez. I, 28 novembre 2014, n. 1910).” (T.A.R. Piemonte, sez. II, n. 956/2019 cit.).