Premessa
La recente sentenza n.10164/2021 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, in materia di completamento di una rete stradale transeuropea nel tratto statale n. 675 “Umbro Laziale nel tratto Monte Romano – Civitavecchia, offre un’interessante e chiarifica riflessione sul tema della Valutazione di Incidenza Ambientale e più nel dettaglio intorno all’interpretazione e applicazione dell’articolo 6 della cd. Direttiva Habitat.
Se da un lato, il comma 3 del suddetto articolo impone che un qualsiasi piano o progetto – qualora possa avere incidenze significative sulle zone speciali di conservazione – debba essere oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza e solo sulla base di ciò le autorità̀ nazionali competenti possono dare il loro accordo su tale piano o progetto, accertato che esso non pregiudicherà̀ l’integrità̀ del sito in causa, dall’altro, ai sensi del comma successivo, la stessa normativa comunitaria prevede la possibilità che “nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica” assegnando, pur sempre, allo Stato membro, il compito di adottare ogni misura compensativa necessaria per la conservazione e tutela del sito di particolare pregio ambientale.
Il giudizio
A tal proposito, il ricorso proposto innanzi al Giudice amministrativo regionale in esame sorge proprio dall’istanza di avvio del procedimento di VIA, da parte dell’Anas s.p.a, per l’approvazione di un nuovo e alternativo tracciato (c.d. “tracciato verde”) rispetto a quello ( cd. “tracciato viola”) precedentemente approvato, la quale realizzazione tuttavia ricadeva in una zona speciale di conservazione e che dunque necessitava di un attenta valutazione ambientale.
In tal senso, alcune associazioni ambientaliste sia nazionali che locali impugnavano la delibera della PCM e, per motivi aggiunti, la successiva delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica in quanto esse avevano adottato il provvedimento di compatibilità̀ ambientale del nuovo cd. “tracciato verde”, nonostante la Commissione VIA-VAS avesse espresso in più circostanze parere negativo, evidenziando che gli impatti del progetto del nuovo tracciato “verde” “(…) si configurano tali da non poter prescrivere mitigazioni o compensazioni adeguate a rendere l’arteria ambientalmente compatibile”. Tuttavia, l’Amministrazione fondava il proprio esclusivamente assenso sul “rilevante interesse pubblico” con minori costi (cd. Progetto low cost) dell’opera, prevedendo che il soggetto proponente completasse solo in seguito, in sede di redazione del progetto definitivo, lo studio di incidenza ambientale del tracciato in questione, dando così, di fatto, la preminenza agli interessi di natura economica rispetto a quelli di natura ambientale.
Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia
Pertanto il Collegio romano, posto di fronte alla supposta violazione di legge della delibere suddette rispetto alla normativa comunitaria e ai principi costituzionali, mediante rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea chiedeva in primo luogo se la normativa comunitaria consentisse all’organo di “ultima istanza” di adottare il provvedimento di compatibilità̀ ambientale del progetto preliminare di un’opera pur in presenza di motivato dissenso da parte dell’organo statale preposto alla tutela ambientale, e pertanto, più in astratto, se in tali circostanze è da considerarsi preminente l’interesse pubblico rispetto a quello ambientale. In secondo luogo, qualora fosse da considerarsi non vincolante il parere di incompatibilità̀ ambientale pronunciato dall’organo competente, si chiedeva se fosse conforme alla normativa europea demandare poi sul progetto definitivo più̀ approfondite valutazioni di incidenza ambientale sull’impatto del progetto preliminare, tra le quali la Vinca.
La sentenza resa dalla Corte di Lussemburgo – con sentenza del 16 luglio 2020, resa nella causa C-411/19 – ha anzitutto chiarito che l’art. 6, par. 4, non osta, in via assoluta, alla realizzazione di un progetto che possa incidere l’integrità̀ di una zona speciale di conservazione, quando sussistano imperativi motivi di interesse pubblico, e ciò anche quando i possibili pregiudizi non possano essere sufficientemente mitigati con apposite misure, “a meno che non esista una soluzione alternativa che comporta minori inconvenienti per l’integrità̀ della zona interessata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.” Ed è appunto il caso in esame. Pertanto, se l’interpretazione della Corte conferma in astratto la possibilità per lo Stato membro, qualora vi siano forti ragioni di interesse pubblico, di poter realizzare un progetto nonostante abbia ricevuto parere negativo sul pian della sua incidenza ambientale, nella controversia in questione, l’ago della bilancia secondo l’orientamento del Giudice Comunitario prima e la decisione del Collegio poi è da individuarsi nella locuzione “in mancanza di soluzioni alternative”. Posto che nel caso di specie esiste una soluzione alternativa, il tracciato già approvato, cd. tracciato viola, seppur più costosa in termini economici ma che risulta aver minor impatti negativi sull’ambiente, la Corte europea più in generale ribadisce che solo la mancanza di una soluzione alternativa può ammettere che la realizzazione dell’opera possa pregiudicare l’integrità del sito di speciale conservazione, evidenziando che il mero costo economico non può essere ritenuto “determinante ai fini della scelta delle soluzioni alternative ai sensi della suddetta disposizione”.
Inoltre, la Corte di Giustizia ha anche statuito in maniera estremamente chiara che anche qualora non esistano soluzioni alternative e lo Stato membro intenda procedere alla realizzazione di un progetto che presenta rilevanti motivi di interesse pubblico ai sensi dell’art. 6, comma 4, della Direttiva “habitat” per i quali è necessaria la Valutazione di Incidenza Ambientale, questa deve essere effettuata in maniera assolutamente completa ed esaustiva, con definizione delle misure di mitigazione/protezione, nella fase preliminare cioè prima della approvazione del progetto preliminare al fine di espletare la sua funzione intrinseca ovvero la valutazione comparata tra più̀ alternative dannose che consentano di stabilire quale di esse sia quella che comporta minori inconvenienti.
In particolare, il giudice comunitario, ha sottolineato la netta distinzione che sussiste tra le misure di mitigazione e quelle compensative in materi di Vinca. Le prime, tese ad evitare o ridurre l’incidenza negativa di un piano o progetto, debbono essere individuate e previste nel corso della VINCA, e non possono essere introdotte dopo l’approvazione di questa, in quanto “ammettere, dopo la valutazione della sua incidenza sul sito interessato, la modifica di detto piano o progetto mediante misure di mitigazione equivarrebbe, infatti, a rinunciare a valutare l’impatto su tale sito delle misure stesse nonché quello del piano o del progetto definitivo, in violazione degli obiettivi dell’articolo 6 della suddetta direttiva.” Di contro, le misure c.d. “compensative” solo le uniche che possono essere determinate in una fase successiva, ed è anzi opportuno che esse siano definite solo dopo che la VINCA sia stata completata e sia chiaro il quadro dell’incidenza negativa che il progetto procurerà̀ al sito interessato.
Anche sul profilo soggettivo della Valutazione di Incidenza ambientale, la Corte offre una limpida interpretazione del dettato della Direttiva Habitat, la quale, pur non indicando quale debba essere l’autorità̀ cui spetta di deliberare su VIA e VINCA, stabilisce che tale autorità̀ deve essere individuata da ogni Stato membro conformemente al proprio diritto interno e solo alla suddetta autorità̀ spetta poi iniziare e portare a termine una valutazione di incidenza riguardante un progetto o piano, ed eventualmente riaprire tale valutazione ove si riscontri la necessità/opportunità̀ di apportare modifiche al progetto e/o di adottare diverse misure di mitigazione.
Sul punto, i quesiti posti dal giudice amministrativo si incentravano sul ruolo che il soggetto proponente dell’intervento dovesse assumere durante la procedura della Vinca. In particolare, se fosse onere di quest’ultimo recepire, in sede di redazione del progetto definitivo dell’opera, le prescrizioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale dettate nel corso della Conferenza di Servizi svolta, tuttavia, con riferimento al progetto preliminare e se, altresì, a questo fosse demandato il compito di sviluppare lo studio d’incidenza ambientale dell’opera, comprensivo della cosiddetta “valutazione appropriata”. La Corte in tal senso ha avuto modo di ribadire che la valutazione e l’approvazione della VINCA deve essere demandata ad un soggetto diverso, e terzo, rispetto al proponente, tuttavia non precludendo a quest’ultimo la possibilità di presentare integrazioni, prescrizioni, osservazioni, raccomandazioni che provengano da terzi soggetti. Inoltre, l’eventuale integrazione di nuove prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni non può̀ riguardare il progetto o piano che sia stato precedentemente valutato negativamente, a meno che detto piano o progetto non venga sottoposto ad una nuova valutazione dell’Autorità̀ preposta.
La pronuncia del Tar Lazio
Alla luce di tali conclusioni, la pronuncia del Tar Lazio che accoglie il ricorso principale, recepisce dunque la più retta e stringente interpretazione e applicazione che ne fa la Corte europea dell’art. 6 comma 4 della Direttiva Habitat nonché il funzionamento dello strumento della Valutazione di Incidenza Ambientale, e offre, in astratto, un riequilibrio degli interessi posti a fondamento del diritto amministrativo ambientale, secondo cui l’obiettivo di conservazione degli habitat naturali nelle zone speciali di conservazione, in circostanze eccezionali, può cedere dinanzi ad altre considerazioni di interesse pubblico particolarmente pressanti, a condizione, tuttavia che tali pregiudizi autorizzati siano realmente inevitabili, vale a dire solo non vi siano soluzioni alternative.
avv. Corrado Carrubba
corrado.carrubba@safegreen.it
Sede Roma
Dott.ssa Chiara Vallone
chiara.vallone@safegreen.it