Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia – n. 76 del 8-7-2019 la legge regionale 5 luglio 2019 n. 22 in materia di attività estrattiva.
Il testo normativo disciplina la pianificazione e l’esercizio dell’attività di ricerca e coltivazione delle sostanze minerali appartenenti alla seconda categoria di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere) nel territorio della regione Puglia, nel rispetto dei valori ambientali, paesaggistici e del corretto sviluppo del territorio.
Le disposizioni normative disciplinano inoltre la competenze in materia di autorizzazione ( Comune) e di vigilanza. È normata inoltre, l’onerosità dell’attività estrattiva individuando i principi e le modalità per la determinazione di tali oneri ed i criteri per la ripartizione tra Regione e Comuni delle somme introitate, nonché l’utilizzo di tali fondi.
Particolarmente rilevante è la possibilità dell’utilizzo degli invasi delle cave per l’accumulo idrico. L’art. 14 comma 9 prevede espressamente “ Il recupero ambientale delle cave dismesse può prevedere la realizzazione di bacini di laminazione, di bacini di accumulo della risorsa idrica o bacini di ricarica della falda. In tal caso l’utilità delle opere deve essere attestata dall’autorità idrica competente e il progetto deve comprendere anche le strutture necessarie per il funzionamento del bacino. La Regione promuove programmi di intervento che consentono il recupero delle predette cave e l’utilizzazione delle stesse come bacini di accumulo di riserve strategiche favorendo il riuso delle acque reflue.”
Merita segnalare inoltre l’art. 16 comma 8 ai sensi del quale “Le opere di colmamento eseguite con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione di cui al d.lgs. 117/2008, sono considerate in ogni caso attività di smaltimento dei rifiuti e non rientrano nell’ambito di applicazione delle presenti disposizioni.”
La disposizione segue una lunga e importante fase giudiziaria che ha visto l’intervento interpretativo della Corte di Giustizia dell’UE nella causa C-147 in merito alla disciplina da applicare al recupero ambientale di cava (R10) effettuato mediante rifiuti diversi a quelli di estrazione.
Al termine del lungo iter processuale, è stato espresso il principio di diritto ai sensi del quale l’art. 10, comma 3 del D.Lgs. n. 117/2008, che prevede l’applicazione delle disposizioni in materia di discariche di rifiuti, è limitato solo per le operazioni di smaltimento di rifiuti nei vuoti dell’attività estrattiva.
Secondo l’orientamento del Consiglio di Stato e del Ministero, i riempimenti dei vuoti di cava, ai fini del ripristino ambientale effettuati attraverso l’utilizzo di rifiuti diversi da quelli di estrazione in sostituzione di materie prime, non costituisce attività di smaltimento di rifiuti, ma operazioni di recupero e, pertanto, non soggetto alle previsioni della Direttiva sulle discariche, bensì, assoggettabili alla procedura semplificata ex artt.214-216 del D.Lgs. n. 152/2006. I rifiuti dovranno essere appropriati per il recupero ambientale dei vuoti di cava oltre ad avere caratteristiche idonee a sostituire altri materiali e a non determinare un aumento degli impatti sulla salute e sull’ambiente.
La nuova legge regionale pugliese ha, invece, espressamente previsto che l’utilizzo di rifiuti diversi di quelli di estrazione configura un’operazione di smaltimento.
Per approfondimenti sul tema delle cave si segnala e si rinvia all’ebook “ Riqualificare le cave dismesse”.